Roma - “Come partito possiamo dire che le prescrizioni non ci piacciono: la scelta di rinunciarvi è personale, ma vorrei si arrivasse alla verità”. Anche Letta intensifica il pressing: Non può esserci alcuna macchia, dimissioni e rinuncia alla prescrizione
Roma - "In uno stato di diritto la scelta va lasciata alla persona e ai collegi di difesa, come partito possiamo dire che le prescrizioni non ci piacciono, anche se si parla di cose, di 7-10 anni fa, perché vorrei che su queste vicende non ci fossero ombre e si arrivasse alla verità". Così il segretario Pier Luigi Bersani, dalla festa del Pd di Pontelagoscuro, risponde a quanti chiedono che Filippo Penati rinunci alla prescrizione e si sottoponga al processo sulle tangenti dell’“area Falk”. Molti, infatti, sono gli esponenti del partito che oggi hanno avanzato tale richiesta. Matteo Renzi, intervistato dal “Corriere della Sera”, dice che se fosse al posto di Bersani lancerebbe “un appello pubblico a Filippo Penati perché rinunci alla prescrizione” affinché “possa provare la sua innocenza”. “Non possiamo - spiega il leader dei rottamatori - accusare Berlusconi di sfruttare la prescrizione e poi utilizzarla: suona strano”. Secondo il sindaco di Firenze, Penati “ha fatto due passi indietro (si è dimesso da vicepresidente del consiglio regionale lombardo e si è autosospeso dal Pd ndr) che a destra neanche sotto tortura... Ma dovrebbe fare anche il terzo. Sennò pare una furbizia e gli italiani non reggono più le furbizie”, afferma riferendosi alla necessità di dimissioni da consigliere regionale.
Sulla stessa linea d’onda è anche Enrico Letta, vicesegretario del partito, secondo cui “ nel Pd non può esserci alcuna macchia. Se c'è qualcuno che si è macchiato di illeciti o è anche solo sotto inchiesta una sola è la strada: dimissioni. Nessuna ambiguità sarà tollerata”. “Questa – continua Letta - è la differenza tra noi e loro. Nel centrodestra a chi è sotto inchiesta offrono di fare il ministro. Noi chiediamo un passo indietro. Il garantismo rimane, comunque, come punto fermo fino alla fine. Ma gli sviluppi processuali e le vicende emerse - conclude Letta - impongano ora dimissioni e rinuncia alla prescrizione''. Francesco Boccia, lettiano di ferro, respinge al mittente gli attacchi verso il Pd: “Siamo un partito di oltre 10 milioni di elettori e non consentiamo a nessuno giochini, né operazioni di sciacallaggio sul Partito democratico”. Boccia difende l’operato del segretario: “Bersani è simbolo di onestà e riformismo e la destra, che su questi due temi ha molte risposte da dare al Paese, cambi registro. Confondere la vicenda Penati con la vita del Pd significa tentare in maniera disperata di spostare l'attenzione dell'opinione pubblica dai disastri economici e politici, risultato dei compromessi continui tra Pdl e Lega Nord''.
Luciano Violante, ex presidente della Camera, intervistato dal “Quotidiano nazionale” sottolinea l’importanza che il partito non assuma una posizione doppiopesista: “Non possiamo essere duri e rigorosi con i nostri avversari politici e poi permissivi con noi stessi'' e perciò pone Penati davanti a un bivio: “è arrivato il momento che si decisa: o si dimette da consigliere regionale della Lombardia o rinuncia alla prescrizione. Questa situazione è in grado di risolverla solo lui. Non possiamo criticare gli esponenti del Pdl sotto processo - avverte Violante - e poi essere permissivi con i nostri esponenti, di qualsiasi livello, dobbiamo essere coerenti. Bersani ha fatto quello che poteva fare, il problema e' Penati, che deve allontanare l'ombra del sospetto dal partito''. E il Pd, per allontanare ogni sospetto, farà esaminare il ‘caso Penati’ dalla commissione di garanzia, presieduta da Luigi Berlinguer, che spiega il senso dell’iniziativa: “Allo stato attuale Penati ha tutto il diritto di difendere la sua onorabilità come qualunque altro cittadino, ma ha altrettanto diritto di farlo il suo partito. Il Pd è sano, non è malato. La corruzione politica italiana – aggiunge Berlinguer - risiede in assoluta prevalenza altrove'', anche se ''certe patologie possono albergare anche nelle migliori famiglie''.
Una decisione - quella di ricorrere alla commissione di garanzia - che la radicale Emma Bonino giudica “fuori tempo”. “Penso che sia una situazione di sistema, che riguarda i partiti e come si sostengono. Il Pd - spiega la Bonino - ovviamente lo vive con grandissimo imbarazzo, come è evidente. Potrebbe essere un’occasione per rivedere il sistema dei partiti, il loro funzionamento, le regole, il loro finanziamento. Penso che questo potrebbe interessare i cittadini, al di là delle responsabilità da accertare. Pare che invece questo non interessi nessuno, se non noi radicali''. Piero Fassino, infine, ha annunciato di voler sporgere denuncia contro Maurizio Gasparri che stamane, intervistato dal “Tempo” ha sostenuto che Penati sia solo una pedina di un sistema più ampio che coinvolge di illegalità che “circonda il gruppo dei Ds prima e poi del Pds e del Pd”.
(spk) 29 Agosto 2011 19:27
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