Roma - “Non ho mai conosciuto un uomo che aveva motivi migliori per tutti i guai che ha causato”. Giuseppe Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex deputato Pd, nel suo primo editoriale per il giornale online Linkiesta.it cita il romanzo di Graham Green, "Un americano tranquillo", per descrivere la parabola politica del presidente della Camera. “Gianfranco Fini - spiega Caldarola - alla destra e al berlusconismo di guai ne ha causati tanti. Questo ‘italiano tranquillo’ nasconde dentro di sé un furore iconoclasta che forse deriva dalle antiche contraddizioni familiari con quel nonno comunista a fianco del padre fervente repubblichino”. Caldarola ripercorre gli esordi politici dell’attuale leader del Fli ricordando “i due vecchi che lo avevano preso in custodia”, Giorgio Almirante “che lo aveva imposto ai vertici del Msi come prova vivente dell’esistenza del prototipo del ‘camerata in doppio petto’” e Pinuccio Tatarella “che lo aveva spinto a sciogliere l’Msi per fondare Alleanza nazionale”. “Ma né Almirante né Tatarella – spiega Caldarola - avevano compiuto il miracolo di far diventare candido l’anatroccolo nero. La trasformazione cromatica e mediatica l’ha compiuta Silvio Berlusconi scegliendolo come partner privilegiato di governo e affiancandolo a Pierferdinando Casini nella gara infinita per la propria successione”. Dopo la condanna delle leggi razziali nel corso del suo viaggio in Israele “l’opinione pubblica lo scopre e lo premia con sondaggi che clamorosamente lo mettono in testa a tutte le classifiche”. “Quando Berlusconi sale sul predellino imponendo lo scioglimento e l’annessione dei partiti alleati lui - scrive l’ex direttore dell’Unità - dapprima lo sfotte poi, a differenza di Casini che va per la sua strada, lo affianca liquidando la sua creatura che tutti danno ormai ai minimi storici elettorali. È l’ultimo miglio che lo separa dall’incoronazione. Fini ci crede e gli dà dentro cominciando a martellare l’antico alleato. Vede la vetta ma non si accorge del dirupo”. Nell’ultimo anno,“la rottura con Berlusconi lancia Fini nell’Olimpo della politica. È lui l’uomo nuovo, quello che può spingere al ritiro il vecchio tycoon e dimostrare l’irresolutezza delle vecchie opposizioni di sinistra”.
Mentre i colonnelli dell’ex An restano fedeli a Berlusconi “la guardia regia dei suoi sostenitori è piena di giovanotti rampanti, da Bocchino a Urso e a Ronchi” e “sulla sua onda – prosegue Caldarola - acquistano la ribalta giovani intellettuali di destra che piacciono alla sinistra, da Alessandro Campi a Filippo Rossi a Sofia Ventura la cui intemerata contro le veline di governo sembra aver provocato la reazione di Veronica Lario contro il dissoluto consorte”- Se da un lato Fini, secondo Caldarola, reagisce bene agli attacchi mediatici sulla casa di Montecarlo, dall’altro “l’uomo che ha scosso l’albero, – così Caldarola definisce il presidente della Camera - sembra infilato definitivamente nel cono d’ombra. Il suo partitino viaggia intorno al 3%, Urso e Ronchi se ne vogliono andare, gli intellettuali lo hanno lasciato”. Fini, al momento presiede la Camera “consapevole che se non lo riporterà in Parlamento il Terzo Polo alle prossime elezioni, se dovrà contare sulle proprie forze, gli toccherà star fuori da tutto”. “L’elenco dei suoi errori – prosegue l’editorialista - riempie i notiziari dei cronisti politici. Molti tornano a scoprire in lui quel mix d’irresolutezza e di improvvisi furori che lo hanno trasformato in una scheggia impazzita della politica italiana. Senza più padrini è ha fatto tutto da solo e si è fatto male”. “Il merito di aver infranto l’unanimismo dell’universo berlusconiano si accompagna alla colpa di aver diviso la sua gente. I ‘motivi migliori per tutti i guai che ha combinato’ lo consegnano alla storia politica ma lo hanno cancellato dal futuro del paese. Forse - conclude amaramente Caldarola - quando nascerà una destra non berlusconiana si ricorderanno di lui. Chissa allora dove sarà”.
(spk) 23 Giugno 2011 19:00
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