http://www.fareitaliamag.it/2011/11/17/un-passo-indietro/
Il governo Monti ha giurato, ma il berlusconismo è archiviato? Tolto
“l’alibi Berlusconi”, non si può più sbagliare: si devono fare in gran
fretta le riforme chieste dall’Unione Europea e per questo il governo
Monti deve avere il più ampio sostegno politico e sociale possibile.
L’atmosfera di unanimismo che circonda il neonato esecutivo è dovuta
all’effetto novità tipico dei primi mesi di attività, ma cosa accadrà
quando il Parlamento dovrà approvare le riforme lacrime e sangue?
Se, da un lato, in questa fase i partiti hanno dovuto necessariamente
fare un passo indietro, a breve ne dovranno fare mille in avanti per
spiegare al proprio elettorato il voto favorevole a riforme così
impopolari che verranno attuate da tecnici anziché da politici, per la
paura di questi ultimi di perdere troppi consensi. Non si tratta della
solita critica verso l’incapacità della politica nel trovare soluzioni a
problemi che vengono affidate ai tecnici, ma della constatazione che
non si deve fare l’errore di credere che, con questa operazione, la
politica venga messa in disparte. Anzi, ben venga il governo tecnico per
il ritorno della politica.
La decisione del Pdl di sostenere il nascente governo, sganciandosi
così dall’abbraccio mortale della Lega Nord è politica e lo sarà ancora
di più se questa rottura permetterà l’approvazione di quelle riforme
liberali che finora, proprio per colpa dei leghisti, non sono state
possibili, ossia la riforma delle pensioni e l’abolizione delle
province. È politica la scelta della Lega di andare all’opposizione
anche perché un governo tecnico, che ha già il peccato originale di
essere staro nominato e non eletto, senza un’opposizione parlamentare
sarebbe stato doppiamente azzoppato. È una scelta di mero opportunismo
politico quella del Pd di bocciare la nomina di Gianni Letta a
sottosegretario alla presidenza del Consiglio per non rompere con
l’Italia dei Valori. Nomina che sarebbe stata di altissimo profilo ma
che, come si è visto, ha subito innescato una serie di veti incrociati
che rischiavano di far saltare il Governo del presidente.
Un governo di larghe intese misto tecnici-politici non sarebbe durato
un minuto. Se il Pd e il Pdl avessero dato il via libera a Letta e
Amato, anche il Terzo Polo si sarebbe sentito in diritto di proporre un
suo esponente all’interno del governo e a quel punto si sarebbero dovute
mettere sullo stesso tavolo personalità politiche che fino a un secondo
prima si erano combattute ferocemente. Un governo costituito
esclusivamente da tecnici può dar vita a quelle maggioranze larghe e
trasversali che possono approvare almeno due norme anti-casta: la
riduzione del numero dei parlamentari e l’abolizione dei vitalizi. Ecco
perché è importante che la politica, nel momento stesso in cui fa un
passo indietro permettendo la nascita di un governo di tecnici, ne
faccia mille in avanti sostenendolo convintamente. Se si pensa, così
come ha fatto Italo Bocchino, di tirare per la giacchetta il tecnico
Monti, attribuendogli candidature politiche ancor prima che abbia
ricevuto la fiducia parlamentare come presidente del Consiglio, si fa un
errore politico gravissimo.
È impensabile che il governo Monti riesca in un anno e mezzo ad
approvare tutte quelle riforme liberali che ci chiede l’Europa e che
Berlusconi propone da 17 anni senza l’appoggio convinto della politica
nella sua più alta espressione, cioè il Parlamento. È lì che, tolto
“l’alibi Berlusconi”, la politica si deve riformare per arrivare a una
ristrutturazione del panorama politico che consenta, da un lato, la
ricomposizione dei moderati e, dall’altro, la riaffermazione del
bipolarismo attraverso la scomparsa del fenomeno della proliferazione
dei gruppi parlamentari.
di Francesco Curridori tratto da:
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