7 apr 2012
Prima Fini, poi Berlusconi e infine Bossi. Il centrodestra così come
lo abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni non esiste più. Donne, case
e triumviri hanno decretato il declino dei leader. Il presidente della Camera è l’unico ancora alla guida di un partito,
anche se formalmente è Italo Bocchino che parla a nome di Fli. La
parabola politica di Fini è però iniziata a causa di un triumvirato.
Come ci si può dimenticare della conversazione rubata dal Tempo
tra Gasparri, La Russa e Matteoli? Era il lontano 2005 e i colonnelli
già demolivano la figura del leader carismatico che aveva traghettato la
destra dalla conventio ad excludendum al governo. Era l’inizio della
fine. Poi nel 2007 arrivò Elisabetta Tulliani, nel 2008 il Pdl e la
terza vittoria alle Politiche, nel 2010 si consuma la rottura con
Berlusconi e di lì a poco lo scandalo della casa di Montecarlo. Donne,
case e triumviri appunto.
Dei problemi giudiziari di Silvio Berlusconi si sa tutto e forse si è
saputo anche troppo e infatti la sua uscita di scena è stata
determinata da scandali pseudo-sessuali e su cui la magistratura deve
ancora ben individuare quali sono le responsabilità del Cavaliere. Il
berlusconismo è finito definitivamente a puttane mentre i guai per il
Pdl sono dovuti a una cattiva gestione da parte dei triumviri che fino a
poco tempo fa ne guidavano le redini: Sandro Bondi, Denis Verdini e
Ignazio La Russa. Il primo è caduto in disgrazia per la cattiva gestione
del dicastero che gli era stato affidato (Pompei docet), il secondo
deve le sue sventure alle indagini sulla P3, mentre l’ex aennino La
Russa è stato da sempre poco accettato dalla maggioranza forzista del
partito. Ora il futuro del Pdl dipende tutto dal segretario Angelino
Alfano.
Ieri è toccato a Umberto Bossi lasciare la leadership del suo
partito, dopo essere stato travolto anche lui da un’indagine giudiziaria
che coinvolge direttamente “the family” Bossi. Dopo la malattia che lo
ha colpito nel 2004 il senatùr non era più lo stesso e il cerchio magico
che gli stava attorno ne ha approfittato. Con la complicità del
tesoriere Belsito la moglie e la fedele Rosy Mauro hanno messo le mani
sul patrimonio del partito. Ancora una volta le donne e le case (vedi la
ristrutturazione di Gemonio) sono la rovina di un leader.
Ora la Lega sarà retta da un triumvirato: Roberto Calderoli, Roberto
Maroni e Manuela Dal Lago. I tre saranno capaci di non far naufragare la
Lega Nord? O saranno la rovina del partito come o peggio degli altri
due triumvirati sopra citati? È chiaro che dei tre il successore di
Bossi con più chances è Maroni anche perché il nome di Calderoli compare
tra le carte delle inchieste su Belsito and company. Riuscirà l’eterno
numero due a diventare il numero uno senza spaccare il partito? Dalle
urla della base che hanno accompagnato la sua uscita da via Bellerio
pare molto difficile.
Fini, Berlusconi e Bossi sono però tre leader molto diversi tra loro e
difficilmente rimpiazzabili perché, nonostante gli errori, a ognuno di
loro va riconosciuto un merito. A Fini va dato atto di aver tolto la
destra dalla fogna e averla portata al governo, a Berlusconi va
riconosciuto di aver portato il bipolarismo e la democrazia
dell’alternanza in Italia, costruendo il primo vero partito liberale di
massa (in verità molto di massa e molto poco liberale nei fatti) e a
Bossi va il merito di essere stato il portatore delle istanze della
“questione settentrionale”. A differenza dei primi due, Bossi non ha
creato soltanto un partito personale, ma una nuova ideologia: il
leghismo.
Il bossismo nei fatti non è mai esistito, mentre il berlusconismo è
stata parte integrante della Seconda Repubblica e probabilmente finirà
con essa. Il leghismo è destinato a durare? E il nuovo centrodestra come
e da chi sarà composto? È molto probabile che i leader del futuro
saranno: Maroni, Casini e Alfano. Un nuovo triumvirato che però di nuovo
ha ben poco e sa già di vecchio. Dalle macerie della Seconda Repubblica
nascerà la Terza, sperando che non porti con sé altre macerie.
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