venerdì 20 aprile 2012

La diffidenza che blocca il Paese


L'Italia è un Paese bloccato? Liberalizzazioni, nucleare e primarie. Tutto fermo. Non è Fukushima o Berlusconi a fermare le riforme. Non è la paura, è la diffidenza. L'opinione comune, quella della cosiddetta società civile, è che la liberalizzazione della gestione dei servizi pubblici locali generi un aumento dei costi e peggiori i servizi. Il nucleare, invece, è troppo costoso, troppo pericoloso. In definitiva è troppo per noi italiani. È la diffidenza degli italiani verso gli italiani a frenarci. Il recente voto referendario è stato un voto degli italiani contro gli stessi italiani. È questo ciò che i media non hanno avuto il coraggio di dire a chiare lettere. Fukushima ha fermato la Germania, ha influenzato il voto degli italiani, ma i diretti interessati, i giapponesi, sono intenzionati a proseguire con il nucleare. Perché? Forse non hanno paura? No, semplicemente hanno fiducia in se stessi, nella possibilità di reagire presto e bene alla catastrofe che hanno subito. Gli italiani sembrano aver perso fiducia non solo nelle istituzioni, ma anche e soprattutto in se stessi. La classe politica che ci rappresenta è lo specchio della nostra società. Il nucleare in Italia non si farà perché ci si è ormai convinti che nessuno di noi sarebbe in grado di realizzarlo meticolosamente e forse lo smaltimento delle scorie potrebbe finire in mano alla mafia. Insomma, non c'è da fidarsi. Tra il fidarsi e il non fare meglio non fare.Anche per le primarie è valido lo stesso ragionamento. Il tema è stato riproposto da Fabrizio Cicchito e Gaetano Quagliariello nell'agenda della maggioranza solo per sparigliare le carte. Cambiare tutto per non cambiare nulla. Nessuno le vuole veramente. Se tale strumento fosse istituito per legge, la nomenklatura di destra e di sinistra verrebbe spazzata via. Le primarie sono serie solo se servono a fare emergere una classe politica nuova e giovane. In Italia a livello locale le primarie hanno finora premiato spesso le ali estreme come Nichi Vendola, Giuliano Pisapia e indirettamente anche Luigi De Magistris che ha approfittato del “pasticciaccio” napoletano del Pd. A livello nazionale, invece, sono servite solo a inconorare per acclamazione il candidato premier già designato dall’apparato di centrosinistra. È successo così per Romano Prodi nel 2006 e per Walter Veltroni nel 2008.Ora che la leadership di Silvio Berlusconi pare vacillare, tutti sembrano essersi innamorati delle primarie e tutti si affrettano ad accreditarsi come papabili nuovi leader. Eppure la proposta avanzata in questi giorni sembra nata per puro spirito di autoconservazione. Cambiare tutto per non cambiare nulla, appunto. Anche la sinistra finge di volere le primarie, ma in realtà non le vuole. Bersani, poi, è preso dalla malattia della diffidenza. Non si fida del suo elettorato. Ora che il vento soffia verso il Partito democratico la sua leadership è più salda, ma se si facessero le primarie ci sarebbe il rischio che a spuntarla, alla fine, sia Nichi Vendola. Nel centrodestra, con tutta la serie di pen-ultimatum che Umberto Bossi domenica a Pontida ha posto a Berlusconi, la diffidenza bloccherà nuovamente le riforme. Per quanto alcune proposte (non certo quella di spostare i ministeri al Nord) “in tempi di pace” possano sembrare utili, oggi appaiono come un pretesto per staccare la spina al governo. Ed è così che la riforma istituzionale dello Stato in senso federale diventa merce di scambio, destinata ad aumentare le frizioni all’interno di una maggioranza sempre più divisa. L’idea qualunquista che nulla cambi e che chiunque vinca farà gli stessi errori degli avversari o degli alleati che l’hanno preceduto genera diffidenza verso tutta la classe politica. L’idea che non sia possibile nessuna riforma perché in Italia vige la regola del “fatta la legge, trovato l’inganno” blocca il Paese.

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