venerdì 20 aprile 2012

Il sogno infranto del Fli







di Francesco Curridori
  



lunedì 11 luglio 2011

Se tiri troppo la corda (verso sinistra) alla fine si spezza. È questa la lezione che avrebbe dovuto imparare la classe dirigente di Futuro e libertà per l'Italia se avesse voluto davvero diventare un vero partito di centrodestra. Italo Bocchino, Fabio Granata ed Enzo Raisi hanno invece preferito addentrarsi nella palude del terzo polo convinti che l'antiberlusconismo di destra potesse allearsi con l'antiberlusconismo dipietrista.
Era perciò inevitabile che dei moderati come Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Peppino Scalia lasciassero la barca prima di approdare verso lidi indesiderati come quelli di un, ormai impossibile e scongiurato, governo tecnico orchestrato da Massimo D'Alema. Quella dei tre ex finiani è solo l'ultima di una lunga serie di addii. Da quando si è costituito il gruppo parlamentare il partito del presidente Gianfranco Fini ha perso una decina di deputati e 4 senatori. La prima a lasciare i finiani è stata Souad Sbai, che ha fatto parte del Fli per pochi mesi e poi è tornata nelle file del Pdl. Il 14 dicembre 2010 è stato il giorno chiave per le sorti di Silvio Berlusconi che esce vincitore dal voto sulla mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni, mentre il gruppo di Gianfranco Fini subisce altre 4 perdite. Si tratta dei «responsabili» Maria grazia Siliquini, Giampero Catone, Catia Polidori e Silvano Moffa, attuale capogruppo di Popolo e Territorio, la nuova denominazione della «terza gamba» del governo. Poi è la volta dei rientri nel Pd dell'ex forzista Roberto Rosso, di Luca Bellotti, attuale sottosegretario presso il ministero dell' Welfare e della deputata Giulia Cosenza.
L'addio di Adolfo Urso però resta il più significativo perché Fini inizialmente aveva affidato proprio a lui il coordinamento del nascente Fli e allora i sondaggi davano la nuova formazione moderata attorno al 10% proprio perché aveva una connotazione moderata. Quando poi Italo Bocchino è stato nominato vicesegretario del partito è iniziato il declino. La deriva neo-democristiana e terzopolista prima e fasciocomunista poi, ha disorientato l'elettorato di riferimento finiano. Le amministrative hanno delineato spaccature sempre più evidenti tra «falchi» e «colombe», mentre i referendum hanno segnato un vero e proprio spartiacque tra le due aree del partito.
I moderati Urso e Ronchi vivevano da separati in casa e gli attacchi crescenti provenienti dagli ex compagni di strada hanno reso la loro scelta inevitabile. Il «futurista» Filippo Rossi, cacciato da Urso dalla fondazione FareFuturo, si è vendicato dell'offesa subita iniziando una campagna stampa sempre più aggressiva. La colpa di Urso e Ronchi sarebbe stata quella di aver dato vita all'associazione Fare Italia, che ha lo scopo di dialogare con vari esponenti del Pdl per arrivare alla ricomposizione del polo moderato e dar vita al Partito popolare europeo anche in Italia. Questo era l'obiettivo originario del Fli, il sogno mai realizzato e infranto sugli scogli dell'antiberlusconismo. Le idee portate avanti dalle due «colombe» erano così rivoluzionarie per la maggioranza da dover essere contrastate con provocazioni dal tono rievocativo: «E se li cacciassimo?». Insomma, gli epurati che a loro volta epuravano. In sostanza, se Berlusconi afferma che il dissenso dei finiani gli ha impedito di fare la sua rivoluzione il Pdl diventa un partito antidemocratico e padronale, mentre se qualcuno dissente sulla linea politica del Fli allora la colpa è di quelle idee che «corrompono da dentro l'essenza...rivoluzionaria della svolta finiana». Ecco smascherata la doppia morale dei fasciocomunisti.

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