venerdì 20 aprile 2012
Alla ricerca della legge elettorale perfetta
di Francesco Curridori tratto da: http://www.fareitaliamag.it/2012/02/28/alla-ricerca/
La “famo” alla francese o all’inglese? Alla tedesca, alla spagnola o all’americana? No, non si pensi male, si tratta della riforma elettorale. Quando si parla di legge elettorale scoppia il caos nei partiti italiani che sono divisi tra loro e al loro interno. Cerchiamo di fare chiarezza.
La Lega Nord, sebbene lo stesso autore dell’attuale legge elettorale, Roberto Calderoli, l’abbia soprannominata “porcellum”, vorrebbe mantenere lo status quo. Tutti gli altri partiti no e, almeno a parole, vogliono reintrodurre le preferenze o quantomeno la possibilità per gli elettori di scegliersi i propri candidati. In realtà, i principali partiti, Pd e Pdl, sono intimamente contrari, mentre l’Idv e i referendari incalliti che devono ancora metabolizzare la bocciatura dei loro quesiti da parte della Corte costituzionale spingono in direzione opposta. Il Terzo Polo vuole il proporzionale per rompere con il bipolarismo muscolare, mentre il Pd e il Pdl vogliono una legge elettorale che preveda un bipolarismo “tendenziale” e perciò cercano di accordarsi per un modello ispanico-tedesco, ma la Lega, se proprio si deve cambiare, guarda al modello spagnolo. Nel Pd in luglio ci si era accordati per il modello ungherese, poi si sono svegliati i referendari veltroniani per la reintroduzione del Mattarellum, ma tutti sanno che i dalemiani preferirebbero il modello tedesco per accordarsi con il Terzo Polo. E fin qui di chiarezza non ve n’è nemmeno l’ombra. Allora cerchiamo di far luce sui vari modelli elettorali esteri di cui sopra.
STATI UNITI: Gli Usa sono una Repubblica presidenziale per cui i poteri del capo dello Stato e del capo del governo si concentrano sulle mani di un’unica persona (ma per controbilanciare il Parlamento americano ha forti poteri di controllo). I due maggiori partiti, quello democratico e quello repubblicano, per scegliere i candidati svolgono le primarie. I sistemi di voto per le primarie dei partiti e per le presidenziali sono sostanzialmente uguali. Vi sono i due candidati dei partiti maggiori che si contendono la vittoria e una miriade di altri candidati che non hanno mai reali possibilità di vittoria e che solo in alcuni rari casi disturbano la corsa dei repubblicani o dei democratici. Gli Stati federali sono suddivisi in collegi uninominali dove il candidato che prende più voti vince e si prende il numero di delegati stabilito per ogni singolo Stato in base alle sue dimensioni demografiche. Delegati che poi andranno a Washington per votare e sancire definitivamente l’elezione del candidato più votato. È per questo che vincere in Florida, in California o a New York è molto più importante che vincere in Alaska. In caso di dimissioni, di morte (es: Kennedy) o di impeachment (Nixon) i poteri sono presi dal vicepresidente fino alla scadenza naturale del mandato.
GRAN BRETAGNA: Anche gli inglesi hanno un sistema maggioritario con collegi uninominali dove il candidato che prende più voti vince ma, a differenza degli Usa, non esiste un bipolarismo perfetto. Oltre ai conservatori e ai laburisti, ormai da tempo stanno avendo sempre maggior consenso i liberaldemocratici, tanto che attualmente sono al governo con i conservatori di David Cameron. Sono molto forti anche i partiti indipendentisti, ma questa è un’altra storia. L’altra grande differenza con gli Stati Uniti è che il capo dello Stato è la regina che ha, grosso modo, gli stessi poteri del nostro Napolitano, mentre il premier può cambiare in autonomia i suoi ministri ma può essere sostituito nel corso della legislatura (vedi Thatcher e Blair).
FRANCIA: La Francia, invece, è una repubblica semipresidenziale e perciò lì si vota due volte. Ad aprile i francesi voteranno per eleggere il capo dello Stato che ha molti poteri ma se li spartisce, appunto, col capo del Governo che viene eletto con le legislative in un secondo momento. Per le presidenziali si vota con un sistema elettorale maggioritario a doppio turno dove il candidato che ottiene il 50% +1 viene eletto subito. Se questo non avviene i due candidati che hanno ottenuto più voti si sfidano al ballottaggio. Per le legislative il sistema è identico con l’unica differenza che al ballottaggio passano tutti i candidati che hanno avuto più del 12,5% dei voti. Il capo dello Stato rimane in carica per cinque anni e può cambiare il premier nel corso della sua legislatura. Questo sistema ha prodotto più volte i casi di coabitazione: presidente di sinistra e premier di destra (Mitterand) e viceversa (Chirac).
GERMANIA: La Germania è una repubblica federale con bicameralismo imperfetto, ovvero Camera e Senato hanno funzioni diverse. Il Senato si occupa dei rapporti con i vari Lander (le nostre regioni) e i suoi membri vengono nominati proprio dai singoli governi federali. C’è un presidente della Repubblica che più o meno è l’equivalente del nostro Napolitano e un cancelliere (premier) che può nominare e revocare i suoi ministri e può essere rimosso prima della scadenza naturale del suo mandato solo attraverso la sfiducia costruttiva (si può cambiare governo solo se c’è un nuovo esecutivo pronto a sostituire il precedente).
Per le elezioni legislative vi è un sistema di voto misto per cui una quota di deputati viene eletta col maggioritario (299 deputati) e l’altra quota viene decisa col sistema proporzionale attraverso il voto delle liste bloccate che si presentano a livello nazionale. Esiste, inoltre, una soglia di sbarramento del 5%. Questo sistema elettorale favorisce lo svilupparsi di un bipolarismo tendenziale, cioè non obbligatorio e può generare anche governi di “grossa coalizione” tra centrodestra (CDU) e centrosinistra (SPD).
SPAGNA: La Spagna è una monarchia costituzionale dove il re corrisponde al nostro capo dello Stato, il premier invece viene eletto dal Parlamento ma ha il diritto di nomina e di revoca dei ministri e può indire elezioni anticipate. Il sistema elettorale spagnolo è quello preferito dalla Lega perché, prevedendo circoscrizioni molto piccole (50, una per ogni provincia), salvaguarda i partiti territoriali e a carattere indipendentista. Siamo all’interno di un proporzionalismo puro, regolato secondo il metodo d’Hondt per cui, per l’attribuzione degli eletti si divide il totale dei voti di ogni lista per 1,2,3,4,5… fino al numero di seggi da assegnare nel collegio, e si assegnano i seggi disponibili in base ai risultati in ordine decrescente. Le liste sono bloccate, cioè non vi è il voto di preferenza, ed è presente una soglia di sbarramento del 3% in ogni collegio così da tagliare la strada ai piccoli partiti nazionali e favorire il bipolarismo e i grandi partiti territoriali come per esempio quelli catalani o baschi. Il Senato è composto per lo più da membri nominati dalle comunità territoriali e si occupa appunto del rapporto tra lo Stato centrale e le periferie.
Come si evince da quanto descritto sopra, in ogni Paese esiste una strettissima correlazione tra la forma di governo e la legge elettorale e perciò non è possibile modificare la seconda, se prima non si studia come modificare la prima. Le forze politiche che attualmente compongono la maggioranza numerica che sostiene Monti inizialmente stavano per commettere questo grave errore, poi si sono ravvedute. La speranza è che le riunioni fatte un po’ alla luce del sole e un po’ sottobanco portino finalmente all’approvazione di una riforma costituzionale ed elettorale complessiva.
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