venerdì 20 aprile 2012
A proposito di equità
December 13, 2011
di Francesco Curridori tratto da: http://www.fareitaliamag.it/2011/12/13/a-proposito-di-equita/
Giusto ieri i sindacati, dopo sei anni di divisioni, si sono ritrovati insieme in piazza per manifestare contro la manovra e chiedere maggiore equità. A proposito di equità, però, bisognerebbe chiederci perché si fa una battaglia per la deindicizzazione delle pensioni minime e non si lotta per un loro aumento concreto? Ci siamo forse dimenticati uno degli slogan berlusconiani più famosi: “Un dovere morale: pensioni più dignitose”? E allora le pensioni al tempo della crisi finanziaria più grande dal 1929 entrano a far parte del dibattito del circuito mediatico nel modo più carente. Il dibattito, se si vuol parlare veramente di equità, non dovrebbe svolgersi soltanto attorno all’abolizione delle pensioni d’anzianità ma piuttosto sui pensionati d’oro che, diversamente dai pensionati baby, ricevono dallo Stato cifre stratosferiche. Anche il ministro Fornero su questo tema è stata vaga. Senza addentrarsi in discorsi universitari di macroeconomia è evidente che non è equa una società dove, da un lato ci sono pensioni che superano i trentamila euro al mese e dall’altro lato altre che non arrivano a cinquecento euro. Le riforme che sono state attuate finora avevano (e hanno) lo scopo di posticipare l’uscita dal mondo del lavoro per dare la possibilità ai giovani di oggi di avere una pensione domani.
Ma se non si favorisce la crescita e i giovani di oggi sono perlopiù precari che vivono grazie alla pensione dei genitori, come si può realisticamente credere che essi un domani avranno la pensione? E se, viceversa, i pochi giovani che hanno un lavoro stabile devono usare metà del loro stipendio per aiutare i propri genitori a pagare l’affitto o la badante, che senso ha allungare l’età pensionabile? In sostanza la riforma pensionistica del governo è giusta ma non è equa, se insieme al tema delle pensioni non si affronta quello della precarietà. Se i nostri genitori andranno in pensione a 67 o 68 anni non avremmo risolto il problema delle pensioni dei giovani che, in quanto precari, non possono permettersi di pagarsi i contributi con regolarità. Sarebbe equa una riforma che, a saldi invariati, stabilisca che all’interno dell’attuale torta di spesa pensionistica si possa togliere, con un sostanzioso contributo dei solidarietà, la ciliegina a quei dirigenti pubblici che, a causa di leggi inique, hanno accumulato più pensioni insieme e che ora percepiscono dallo Stato più di mille euro al giorno. Un esempio è Giuliano Amato che, interpellato su un’eventuale riduzione della sua pensione, ha risposto: “Non capisco la domanda…”
E a proposito di costi della politica, anche la polemica innescata in questi giorni sugli stipendi dei parlamentari non è stata affrontata nella sua interezza. È vero infatti che le spese di segreteria in Italia, diversamente dagli altri Paesi europei, sono a carico del deputato e questo genera spesso disparità e lavoro nero o precario. All’estero essi dipendono direttamente dal Parlamento e tutte le spese che i parlamentari devono affrontare quotidianamente (viaggi, alloggi o vitto) sono rimborsate solo dopo essere state realmente effettuate e non attraverso lo strumento della diaria come avviene nel nostro Paese.
Sempre a proposito di equità ci si dovrebbe chiedere perché anziché reintrodurre l’ICI o aumentare l’IRPEF regionale non si è pensato di intervenire in modo più deciso sulle privatizzazioni? Eminenti economisti come Alesina e Giavazzi (ma non solo) hanno più volte sostenuto la necessità di vendere quelli che a destra e a sinistra sono chiamati i “beni di famiglia” come Finmeccanica, Eni, Rai ecc… La loro tesi è più che condivisibile: i gioielli di famiglia si vendono proprio per uscire dai momenti di crisi. Non si capisce se all’interno della classe politica italiana sia maggiore il timore di svendere il patrimonio pubblico o quello di non poter più nominare il presidente, il direttore generale e l’amministratore delegato dei vari enti pubblici…
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