Lo spauracchio del referendum anti-porcellum è sempre
più vicino. Il maggioritario puro è la nostra stella polare ma in politica
arrivare alle stelle è un traguardo irraggiungibile. È necessario dunque
calarsi nella realpolitik italiana e cercare di capire davanti a quali scenari
ci pone il referendum. Uno scenario che potrebbe prendere quota col tempo è
quello che prevede elezioni anticipate. Il ritorno del 'Mattarellum', così come
prospettato dai referendari, non piace alla Lega Nord e ciò potrebbe indurre il
partito di Bossi a staccare la spina al governo per andare alle urne in
primavera e posticipare inevitabilmente il voto referendario. Ma questa è solo
una delle ipotesi sul tavolo ma ora come ora non è più gettonata. È molto più
probabile che il Parlamento, sulla spinta referendaria, sia indotto a
modificare l'attuale legge che non piace nemmeno al centrodestra in quanto non
assicura una maggioranza stabile al Senato. E anche nel caso in cui i quesiti
referendari superassero l'esame della Corte costituzionale, si svolgessero in
primavera e superassero il quorum del 50% + 1 non produrrebbero necessariamente
un automatico ritorno al 'Mattarellum'.
Sia nel secondo che nel terzo caso qui esposti ci
troveremo davanti alla necessità di avere una legge elettorale che rispetti i
criteri della realpolitik e che sia consona al nuovo assetto
partitico-istituzionale a cui l'Italia va incontro. Al di là delle eventuali
riforme costituzionali (presidenzialismo, semipresidenzialismo o premierato)
che tutti noi ci auguriamo che vengano varate quanto prima, bisogna prendere
atto che stiamo entrando nella cosiddetta Terza Repubblica, ossia nell'era del
'postberlusconismo'. Il premier ha infatti in più occasioni ribadito la sua
volontà di non ricandidarsi e di lasciare spazio al giovane Angelino Alfano che
da neo-segretario del Pdl sta cercando di ricomporre il polo moderato per dar
vita anche in Italia al Partito popolare europeo. Questo comporta un ritorno
dell'Udc nell'alveolo del centrodestra ma è noto che nemmeno il partito di
Casini vede di buon occhio il ritorno al 'Mattarellum'. La realpolitik impone
quindi il varo di una legge elettorale che da un lato salvaguardi il
bipolarismo e dall'altro prenda atto che il nostro Paese non è fatto dei soli
partiti a 'vocazione maggioritaria'.
Se ci dovremo 'inchinare' al proporzionale allora
bisognerà capire quale modello di proporzionale sia il più adatto alla realtà
italiana. Seguire modelli stranieri, tipo quello spagnolo o tedesco, potrebbe
non portare ai risultati sperati per un motivo molto semplice: noi siamo
italiani e non spagnoli o tedeschi. Qual è dunque la via italiana al
proporzionale che salva 'capra e cavoli'?
Per rispondere a questa domanda bisogna fare un passo
indietro nel tempo fino al 1953 quando gli italiani votarono con la cosiddetta
'legge truffa' tanto contestata dall'allora Pci di Palmiro Togliatti. Quella
legge, voluta da Alcide de Gasperi, oltre a prevedere ovviamente il voto di
preferenza, poneva anche una soglia del 50% più uno per la coalizione a cui
sarebbe spettato il premio di maggioranza del 65% dei seggi. Soglia inesistente
con questa legge elettorale. Quella legge inoltre garantiva la 'golden share'
di un qualsiasi governo al primo partito della coalizione anche senza premio di
maggioranza. Ricordiamoci che nel 1953 il polo moderato prese il 49,8%, con la
Dc al 40%, e governò per cinque anni anche senza premio di maggioranza. Nel
2008 la coalizione di centrodestra prese il 46,8% col Pdl al 37,3% e, nonostante il premio di maggioranza, ora è
soggetto ai diktat della Lega.
Il mancato raggiungimento del premio di maggioranza da
parte della Dc fu una delle cause che nel 1954 determinarono la ‘morte
prematura’ della legge truffa ma oggi, dato il momento storico nel quale ci
stiamo per incamminare, sarebbe la più idonea. Con l'uscita di scena di Berlusconi,
i ‘partiti personali’ (ossia quelli che portano il nome del proprio leader) e gli
'uomini della provvidenza' non troveranno più spazio. Di Berlusconi ce n'è
stato, ce n'è e ce ne sarà solo uno. Per affrontare la sfida della 'Terza
Repubblica' il centrodestra deve creare un partito di stampo veramente europeo:
democratico, aperto alle primarie e non più legato ai personalismi ma capace di
essere guida del polo moderato come la Cdu tedesca o il Ppe spagnolo. Non una
nuova Dc ma la vera casa dei moderati italiani.
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