venerdì 20 aprile 2012

Pezzo sulla legge elettorale pubblicato su fareitaliamag.it


Lo spauracchio del referendum anti-porcellum è sempre più vicino. Il maggioritario puro è la nostra stella polare ma in politica arrivare alle stelle è un traguardo irraggiungibile. È necessario dunque calarsi nella realpolitik italiana e cercare di capire davanti a quali scenari ci pone il referendum. Uno scenario che potrebbe prendere quota col tempo è quello che prevede elezioni anticipate. Il ritorno del 'Mattarellum', così come prospettato dai referendari, non piace alla Lega Nord e ciò potrebbe indurre il partito di Bossi a staccare la spina al governo per andare alle urne in primavera e posticipare inevitabilmente il voto referendario. Ma questa è solo una delle ipotesi sul tavolo ma ora come ora non è più gettonata. È molto più probabile che il Parlamento, sulla spinta referendaria, sia indotto a modificare l'attuale legge che non piace nemmeno al centrodestra in quanto non assicura una maggioranza stabile al Senato. E anche nel caso in cui i quesiti referendari superassero l'esame della Corte costituzionale, si svolgessero in primavera e superassero il quorum del 50% + 1 non produrrebbero necessariamente un automatico ritorno al 'Mattarellum'.
Sia nel secondo che nel terzo caso qui esposti ci troveremo davanti alla necessità di avere una legge elettorale che rispetti i criteri della realpolitik e che sia consona al nuovo assetto partitico-istituzionale a cui l'Italia va incontro. Al di là delle eventuali riforme costituzionali (presidenzialismo, semipresidenzialismo o premierato) che tutti noi ci auguriamo che vengano varate quanto prima, bisogna prendere atto che stiamo entrando nella cosiddetta Terza Repubblica, ossia nell'era del 'postberlusconismo'. Il premier ha infatti in più occasioni ribadito la sua volontà di non ricandidarsi e di lasciare spazio al giovane Angelino Alfano che da neo-segretario del Pdl sta cercando di ricomporre il polo moderato per dar vita anche in Italia al Partito popolare europeo. Questo comporta un ritorno dell'Udc nell'alveolo del centrodestra ma è noto che nemmeno il partito di Casini vede di buon occhio il ritorno al 'Mattarellum'. La realpolitik impone quindi il varo di una legge elettorale che da un lato salvaguardi il bipolarismo e dall'altro prenda atto che il nostro Paese non è fatto dei soli partiti a 'vocazione maggioritaria'.
Se ci dovremo 'inchinare' al proporzionale allora bisognerà capire quale modello di proporzionale sia il più adatto alla realtà italiana. Seguire modelli stranieri, tipo quello spagnolo o tedesco, potrebbe non portare ai risultati sperati per un motivo molto semplice: noi siamo italiani e non spagnoli o tedeschi. Qual è dunque la via italiana al proporzionale che salva 'capra e cavoli'?
Per rispondere a questa domanda bisogna fare un passo indietro nel tempo fino al 1953 quando gli italiani votarono con la cosiddetta 'legge truffa' tanto contestata dall'allora Pci di Palmiro Togliatti. Quella legge, voluta da Alcide de Gasperi, oltre a prevedere ovviamente il voto di preferenza, poneva anche una soglia del 50% più uno per la coalizione a cui sarebbe spettato il premio di maggioranza del 65% dei seggi. Soglia inesistente con questa legge elettorale. Quella legge inoltre garantiva la 'golden share' di un qualsiasi governo al primo partito della coalizione anche senza premio di maggioranza. Ricordiamoci che nel 1953 il polo moderato prese il 49,8%, con la Dc al 40%, e governò per cinque anni anche senza premio di maggioranza. Nel 2008 la coalizione di centrodestra prese il 46,8% col Pdl al 37,3%  e, nonostante il premio di maggioranza, ora è soggetto ai diktat della Lega.
Il mancato raggiungimento del premio di maggioranza da parte della Dc fu una delle cause che nel 1954 determinarono la ‘morte prematura’ della legge truffa ma oggi, dato il momento storico nel quale ci stiamo per incamminare, sarebbe la più idonea. Con l'uscita di scena di Berlusconi, i ‘partiti personali’ (ossia quelli che portano il nome del proprio leader) e gli 'uomini della provvidenza' non troveranno più spazio. Di Berlusconi ce n'è stato, ce n'è e ce ne sarà solo uno. Per affrontare la sfida della 'Terza Repubblica' il centrodestra deve creare un partito di stampo veramente europeo: democratico, aperto alle primarie e non più legato ai personalismi ma capace di essere guida del polo moderato come la Cdu tedesca o il Ppe spagnolo. Non una nuova Dc ma la vera casa dei moderati italiani.

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