|
martedì
28 giugno 2011
|
|||||||||||||||||||||||||||||
«Cosa avrei dovuto fare? Menarlo? Morderlo? Il
presidente del Consiglio ti avvicina, in Parlamento non in un sottoscala, e
tu come reagisci? Lo ascolti. Tieni la
tua posizione. E lo inviti a seguire il tuo intervento». Antonio Di Pietro
prova a difendersi in tutti i modi. Sul suo blog, sul suo profilo Facebook,
sul Corriere della Sera e sul Fatto quotidiano. Tutto inutile, il suo
elettorato non ha capito il senso del colloquio che lui e Silvio Berlusconi
hanno avuto tra i banchi di Montecitorio. E continua a non capirlo. L'ex pm
di Mani Pulite, che in più occasioni ha paragonato il premier al dittatore
Vileda, ora cambia strategia politica. Perché? Perché, proprio ora che
L'Italia dei Valori è riuscito a battere sia centrodestra sia centrosinistra
a Napoli, la terza città d'Italia, il più acerrimo nemico del berlusconismo
si trasforma in un leader liberaldemocratico disponibile al dialogo?
Essenzialmente per due motivi.
Di Pietro ha capito che la vittoria di Napoli e la
vittoria dei sì ai referendum non sono attestabili al centrosinistra e
nemmeno al suo partito. La
candidatura di Luigi De Magistris aveva due obiettivi nascosti. In caso di
sconfitta Di Pietro lo avrebbe indebolito, in caso di vittoria invece si
sarebbe liberato di una figura molto ingombrante che stava minando la sua
leadership dentro l'Italia dei Valori, un po' come avvenne dentro il
centrosinistra quando Sergio Cofferati fu candidato a sindaco di Bologna. Ma
Napoli può rivelarsi un'opportunità o una sconfitta politica se non si
risolve il problema dei rifiuti. L'alta partecipazione ai referendum è stata
trasversale perché l'acqua e il nucleare, nel bene o nel male, sono temi che
toccano tutti e per i quali sono andati ad esprimere la loro opinione nel
segreto dell'urna anche vari esponenti del centrodestra come i governatori
Zaia e Polverini. Con Futuro e Libertà che attenta al suo bacino elettorale,
il pm di Montenero di Bisaccia non ha altre alternative che
riposizionarsi. Dal 2008 ad oggi è già successo tre volte. La prima fu
durante la campagna elettorale quando cavalcò la battaglia dell'antipolitica
iniziata con il primo V-Day del comico genovese Beppe Grillo e dei suoi fan,
i grillini. La seconda, immediatamente dopo le elezioni politiche, quando si
rimangiò la parola data al Pd veltroniano di creare un gruppo unico sia alla
Camera che al Senato. La terza fu quando si schierò accanto alla Fiom in
occasione dei referendum Fiat di Mirafiori e Pomigliano e cercò così di
occupare lo spazio lasciato libero (in Parlamento) dalla sinistra radicale.
Ora che il partito di Vendola governa non solo la
Puglia, ma anche Milano, e che i sondaggi lo danno sopra l'Idv, intorno al
7%, ecco che Di Pietro si sposta più al centro del Partito democratico. Il funanbolico leader dell'Idv, ora che
l'antiberlusconismo si sta espandendo a sinistra con Sinistra ecologia e
libertà tanto che a destra con i falchi di Futuro e libertà per l'Italia, per
sopravvivere ha l'obbligo di cambiare strategia e allargare i suoi confini
elettorali sconfinando nei terreni altrui. Che Di Pietro punti alla
leadership del centrosinistra? Possibile, probabile ma il terreno su cui si
gioca la partita è proprio tra l'ex pm e il governatore della Puglia. È lui
il vero obiettivo del leader dell'Idv che proprio in questi giorni ha
dichiarato di non volere primarie che promuovano «candidati alla
Vendola». A rendere ancora più esplicita questa teoria sono state le parole
dello stesso Vendola:«Di Pietro sente restringersi lo spazio a sinistra : la
crescita di Sel e il protagonismo del segretario del Pd lo hanno spiazzato e
crede che ricollocandolo a destra nella coalizione di centrosinistra possa
metterlo in grado di intercettare l'eventuale crisi del centrodestra». Le
probabilità che l'Idv intercetti il voto degli elettori moderati appaiono
però una mera illusione.
|
Nessun commento:
Posta un commento