domenica 12 febbraio 2012

La “rivoluzione” Gelmini nella scuola


di Francesco Curridori
Tratto dal sito Ragionpolitica.it il 2 settembre 2009
Dopo la «rivoluzione in corso» del ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, arriva la rivoluzione scolastica di Maria Stella Gelmini, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Stop alle Ssis, -scuole di specializzazione all'insegnamento secondario-, numero programmato per le assunzioni, più inglese e più tecnologie tra le competenze per i professori, ma soprattutto un anno di tirocinio per legare teoria a pratica. Sono queste le novità con cui il la giovane ma determinata Maria Stella Gelmini intende rovesciare il ‘68.
Se si rinnoverà davvero la metodologia di preparazione degli insegnanti italiani, allora si sconfiggerà la casta dei professori, la più intoccabile finora. Se l’Italia è tra le ultime nelle classifiche mondiali che riguardano l’università non è solo colpa dei «baroni» degli atenei ma soprattutto perché ai nostri giovani liceali non viene richiesto rigore nello studio. Un rigore che, non essendo nel dna dei professori che insegnano retribuiti, non si può pretendere dagli alunni che studiano non retribuiti. Per avere studenti preparati bisogna avere professori preparati che si mettano alla prova sul campo prima di salire in cattedra per davvero, in modo che la classe docente riacquisti autorevolezza. È questo il vero problema, preceduto solo dal tema del precariato.
In queste ultime ore la casta dei docenti si sta mobilitando contro i provvedimenti del ministro Gelmini senza capire che questi sono stati emanati proprio per favorire le future generazioni di insegnanti. È inutile che le Siss continuino a sfornare insegnanti quando l’Italia ha uno dei tassi di natalità più bassi del mondo. A che serve? Solo a sfornare disoccupati. La situazione economico-finanziaria dell’Italia, e non solo, con il debito pubblico alle stelle, ereditato da decenni di mal governi della Prima Repubblica, non permette più atti irresponsabili. La scuola non può essere un ufficio di collocamento, ma deve essere un luogo di formazione di quella che sarà la classe dirigente italiana del domani.
L’obiettivo deve essere quello di ridare il primato alle nozioni più che alla logica del 6 politico. Solo con la preparazione adeguata si ridanno dignità e autostima ai giovani che devono competere in un mondo dove regna la globalizzazione e dove i Paesi emergenti sono anche quelli con un sistema scolastico più all’avanguardia di quello attualmente vigente in Italia. Legare i salari alla produttività è una priorità perché la libertà di insegnamento non deve trasformarsi nella libertà di non insegnare e, magari non insegnare proprio quei filosofi un po’ scomodi perché non conformi all’egemonia culturale della sinistra. La Gelmini deve proseguire verso la strada della piena meritocrazia nel corpo docenti onde evitare che questi continui ad essere identificato come una casta che difende solo i propri interessi ma non sa difendersi dai genitori troppo accomodanti e troppo permissivi o dai ragazzi troppo esuberanti. Spesso talmente esuberanti da commettere atti di bullismo anche contro gli insegnanti stessi e questo è un motivo in più per incoraggiare il tirocinio proposto dal ministro Gelmini.
 Non solo teoria ma pratica ed esperienza. Pretendere esperienza dai professori non significa però nemmeno pretendere che si insegni fino a settant’anni. I ricambi generazionali devono esserci, sono vitali per la scuola del domani ma perché siano di una qualche efficacia devono essere programmati. Le vecchie generazioni di insegnanti devono mettere la loro esperienza e professionalità a disposizione delle giovani leve di professori.

Nessun commento:

Posta un commento