sabato 21 luglio 2012

Nel Pd la sconfitta di Parma brucia ma i vertici del partito minimizzano

Francesco Curridori curridori@ragionpolitica.it giovedì 24 maggio 2012 Ora come allora. Molto si è detto e si è scritto sulle analogie e sulle differenze tra il biennio ‘92-’93 e il periodo storico che stiamo vivendo. Oggi come allora: crisi economica, governi tecnici, partiti tradizionali in crisi e nuovi soggetti politici che irrompono sul panorama politico. I risultati di queste amministrative, infatti, da un certo punto di vista sembrano essere molto simili a quelli del 1993 in cui la sinistra vinse in tutte le città più importanti: Roma, Torino, Venezia, Genova ecc…eccetto Milano che fu conquistata dalla Lega Nord, un movimento autonomista che aveva già avuto un ragguardevole successo alle Politiche dell’anno precedente. Certo Parma non è Milano ma la vittoria dei grillini contro «l’usato sicuro» dell’establishment democratico locale, ossia contro il presidente della provincia Vincenzo Bernazzoli, rappresenta un segnale non indifferente per il Partito democratico. E non a caso Matteo Renzi, il sindaco-rottamatore di Firenze, ha ammonito il segretario del suo partito: «Il Pd ha vinto la sfida dei numeri ma non ha convinto nella sfida politica. Se Bersani e i suoi colleghi segretari di partito si rendono conto che la somma di astenuti, grillini e outsider rende i partiti, tutti insieme, minoranza nel Paese, allora abbiano il coraggio di alcuni cambiamenti subito». Parole che stridono davanti alla farneticante dichiarazione di Bersani che è stata sbeffeggiata persino da Crozza durante la trasmissione di Ballarò: «A Parma non abbiamo perso, abbiamo non vinto», facendo così passare per buona l’analisi di Enrico Letta secondo cui il grillino Pizzarotti avrebbe vinto grazie ai voti degli elettori del centrodestra che sarebbero andati i massa a votare per lui pur di non far vincere la sinistra. Ora, ammesso pure che questa tesi sia valida, ci sarebbe da chiedersi come mai una città che fino al 1997 era considerata storicamente rossa, dopo un’amministrazione fallimentare come quella di Vignali, non ritorni nelle mani del centrosinistra, seguendo quindi quella che è stata la tendenza generale di questa tornata elettorale. A Parma, pur di non essere governati di nuovo dal centrosinistra, gli elettori di centrodestra, anziché starsene a casa come è avvenuto nel resto d’Italia per questi ballottaggi, hanno scelto di votare il grillino. E per giunta è sbagliata anche la tesi secondo cui l’errore di Bernazzoli sarebbe stato quello di non riuscire ad incrementare i voti del primo turno ma di essere soltanto riuscito a mantenere il 39% del primo turno. In realtà Bernazzoli al ballottaggio ha preso 600 voti in meno rispetto al primo turno. La sconfitta di Parma brucia nel Pd e mentre i vertici del partito cercando di minimizzarla, i giovani come Debora Serracchiani se ne preoccupano arrivando a scrivere sui social network: «Non nascondiamo la testa sotto la sabbia: il risultato di Parma, che ha visto l’affermazione del candidato del Movimento 5 stelle, Federico Pizzarotti, offusca ogni altra vittoria del Pd». E la offusca anche perché le vittorie del Pd sono ben poche. Se, oltre a Parma. si considerano le altri grandi sfide si può vedere come a Verona abbia perso al primo turno, a Palermo Ferrandelli contro Leoluca Orlando non ha superato il 27% e a Genova ha vinto Doria, candidato di Sel che alle primarie cittadine aveva sconfitto le due candidate del Pd: l’ex sindaco Marta Vincenzi e la senatrice Roberta Pinotti. La riconferma di Cialente a L’Aquila è l’unica vittoria dei democrat in un capoluogo di regione perché a Catanzaro il Pd ha perso già al primo turno. E non bisogna dimenticare le sconfitte del primo turno a Lecce e a Gorizia, il ribaltone avvenuto al ballottaggio a Frosinone con il centrodestra vincente. A Cuneo, invece, il candidato democratico ha perso contro l’Udc e a Belluno contro una lista civica guidata dall’ex capogruppo del Pd in consiglio comunale che era stato espulso dal partito perché aveva chiesto che si facessero le primarie per la scelta del candidato sindaco. In totale sono nove i candidati democratici che non hanno bissato la vittoria e in tre casi le sconfitte sono scaturite a cause delle primarie: Genova, Palermo e Belluno. Ora il Pd si trova davanti a un problema analogo a quello del ’93: è il primo partito ma non ha la forza numerica necessaria per essere determinate nei confronti dei suoi stessi alleati, non ha un leader sostenuto da tutto il partito e, ora come allora, non è in grado di recepire le novità che si chiamino Lega Nord o Movimento cinque stelle poco importa. L’importante è farsi fregare voti continuando a far finta di nulla. Lo spettro del ’93-’94 si aggira nella sinistra italiana e non è detto che la gioiosa macchina da guerra della sinistra non si schianti ora come allora. tratto da: http://www.ragionpolitica.it/cms/index.php/201205245350/partiti-e-istituzioni/nel-pd-la-sconfitta-di-parma-brucia-ma-i-vertici-del-partito-minimizzano.html

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